Come ognuno di noi, anche le piante carnivore, e tutte le piante del regno vegetale, sono uniche e tutte diverse tra loro. Tuttavia, è possibile suddividere in cinque gruppi il meccanismo di funzionamento delle loro trappole. Di seguito, scopriamo in che modo questi esemplari riescano a procurarsi i loro “pasti” in modo del tutto autonomo.
Indice
Trappole ad ascidio
Le ignare prede cadono intrappolate all’interno di foglie arrotolate a formare una specie di brocca, all’interno delle quali vi è un liquido contenente gli enzimi digestivi. Con questa tipologia di trappola si possono annoverare la Sarracenia, l’Heliampora e la Darlingtonia, tutte appartenenti alla famiglia delle Sarraceniaceae; il genere Nepenthes, che costituisce il secondo maggior gruppo di piante carnivore ad ascidio, la Cephalotus follicularis (una piccola carnivora originaria dell’Australia) e la Brocchinia reducta (avente le foglie disposte a forma di urna, strettamente unite alla base, dalla superficie cerosa in grado di impedire all’insetto catturato di risalire in cima).
Trappole a scatto
Sono, probabilmente, i meccanismi ai quali è più affascinante assistere per la rapidità dei movimenti, che rendono l’approvvigionamento di cibo di queste carnivore simile a quello degli animali (grazie anche alla conformazione della trappola, che sembra una bocca dotata di denti). In natura, esistono solamente due tipologie di trappole a scatto, e sono appannaggio di due sole specie: una appartiene alla Dionaea muscipula (pianta terrestre), l’altra all’Aldrovanda (pianta acquatica).
Trappole adesive
Gli insetti e gli altri piccoli invertebrati restano incollati ad una sostanza mucillaginosa e appiccicosa secreta da apposite ghiandole situate sulle foglie. Queste ghiandole possono essere quasi del tutto invisibili ad occhio nudo (come nel caso della Pinguicula), oppure di forma allungata e, in alcuni casi, mobili (come per la Drosera). Vi sono, poi, altri due generi da comprendere in questa categoria: il genere Drosophyllum, affine alla Drosera, ma dal comportamento passivo nella cattura delle prede, e il genere Byblis, dal “comportamento” analogo al Drosophyllum, ma appartenente a una famiglia diversa. Il primo, a differenza delle altre carnivore, cresce in condizioni quasi desertiche, decisamente distanti dalle zone palustri o dai climi tropicali.
Trappole “a nassa”
Queste trappole presentano una specie di peli che, grazie alla loro direzionalità, dirottano forzatamente le prede verso l’organo deputato alla digestione. Sono caratteristiche del genere Genlisea, che comprende circa 20 specie di piante carnivore semi-acquatiche: queste sono dotate di una lunga foglia a forma di Y, per la quale la preda “entra” dalle braccia esterne della Y ed è obbligata a proseguire il suo percorso verso la “gamba” della stessa, dove risiede l’apparato digestivo. Sono piante specializzate, generalmente, nella cattura di protozoi acquatici.
Trappole ad aspirazione
Insetti e piccoli invertebrati vengono risucchiati da strutture simili a una vescica (definite “utricoli”), all’interno delle quali si genera una specie di vuoto a causa dei cambiamenti di pressione. Questa tipologia di trappola è esclusiva del genere Utricularia.