L’Heliamphora è una pianta carnivora appartenente alla famiglia delle Sarraceniaceae. Originario del Sud America, in particolare di Venezuela e Brasile, questo genere di carnivore conta al suo interno ben 16 specie diverse e 5 specie che si sono ibridate in natura, senza l’intervento dell’uomo.

La particolarità di questa pianta erbacea perenne risiede nelle sue foglie, che si sviluppano a forma di raggiera a partire da un rizoma sotterraneo: queste, nel tempo, si sono arrotolate e i loro margini si sono fusi, creando così una struttura simile ad un’anfora. Hanno un colore verde, venato leggermente di rosso e, a seconda della specie, questo apparato fogliare può raggiungere dimensioni che variano da qualche centimetro (come, ad esempio, l’H. minor e l’H. pulcher) a circa un metro (come accade nell’H. ionasii). Durante la fioritura, su uno stelo lungo qualche decina di centimetri sbocciano eleganti fiori a quattro petali, dai colori bianco o rosato.

heliamphora

L’Heliamphora è senza dubbio una tra le carnivore più eleganti, tuttavia risulta particolarmente difficile da coltivare, motivo per cui è sconsigliato sceglierla agli inizi della propria “carriera” da coltivatore di piante carnivore.

Una piccola curiosità: il nome attribuito a questa pianta deriva direttamente dalla forma delle sue foglie. Risulta, infatti, dalla combinazione del greco “helos” (palude) e “amphoreus” (anfora).

Ambiente

Come per le altre specie carnivore, anche l’Heliamphora necessita di essere piantata in un terreno acido e povero di elementi nutritivi. Il mix ideale per la coltivazione è, generalmente, composto da torba acida di sfagno, da mischiare a sabbia di quarzo, perlite e/o pomice. Tuttavia, come già detto, questa pianta carnivora risulta particolarmente complessa da mantenere, date anche le diverse esigenze in termini di apporto idrico e temperatura tra le varie specie, e la difficoltà nella riproduzione del clima caratterizzante il loro habitat d’origine. Questo rende strettamente necessario l’utilizzo di un terrario.

Un aspetto che risulta comune alle varie specie di Heliamphora è il bisogno di un ambiente altamente umido e luminoso. Di seguito, verranno descritte le modalità di coltivazione della specie più comune in commercio, l’Heliamphora minor.

Il mix di terreno per coltivarla deve essere composto da torba e perlite in proporzione 1:1 (ciò significa che il composto dovrà essere formato da un 50% di torba acida e un 50% di perlite) e risultare ben drenante. Volendo, è possibile aggiungere in superficie un po’ di sfagno vivo.

Per quanto riguarda l’esposizione solare, questa carnivora soffre se esposta ad alte temperature in presenza di scarsa umidità; tuttavia, ha bisogno di molta luce, quindi non si può procedere a spostarla in una zona ombreggiata. L’unica soluzione è coltivarla in terrario, dove si può mantenere controllato il livello della temperatura, dell’umidità e, soprattutto, fornirle tutta la luce di cui ha bisogno grazie all’installazione di lampade a spettro solare.

Temperatura

Tra le varie specie si distinguono alcune che necessitano di basse temperature per sopravvivere, ed altre che, al contrario, amano il caldo.

Nel caso dell’H. minor, per coltivarla bisogna essere in grado di garantirle una fascia termica tra i 25° e i 30°C durante il giorno, e tra i 10° e i 15°C durante la notte. Questa escursione va mantenuta durante tutto l’arco dell’anno.

Mantenimento

fiore heliamphora

Fiore della Heliamphora

Generalmente, l’Heliamphora non gradisce ristagni d’acqua. Tuttavia, la specie che stiamo trattando tollera di tanto in tanto qualche centimetro di acqua nel sottovaso. Il consiglio, comunque, rimane quello di utilizzare il sottovaso solo sporadicamente, premurandosi di innaffiare la pianta dall’alto con la classica acqua piovana (o demineralizzata); sarà sufficiente assicurarsi che vi sia sempre abbastanza liquido all’interno delle “anfore”. Molto importante, invece, è l’umidità dell’ambiente circostante la pianta, che deve mantenersi sempre tra il 70% e il 90%.

A causa della delicatezza di questa carnivora, è meglio procedere all’operazione di rinvaso solo se strettamente necessario (quindi, ad esempio, in caso di attacchi parassitari o malattie, fuoriuscita delle radici o torba “vecchia” da sostituire), e utilizzare vasi di colore chiaro, in quanto la pianta ha bisogno di mantenere fresche le radici.

Moltiplicazione

Per riprodurre l’Heliamphora vi sono varie metodologie. La prima, e più complessa, è la via dell’impollinazione. Questa opzione è particolarmente complicata in quanto, oltre alla difficoltà tecnica di “inserimento” del polline nell’organo della pianta deputato ad accoglierlo, bisogna procurarsi due esemplari di “sesso” opposto che fioriscano contemporaneamente.

La divisone dei rizomi è una soluzione molto più rapida per la moltiplicazione, tuttavia bisogna prestarvi molta attenzione, in quanto la pianta subisce forti stress durante tale pratica. Per prima cosa, la pianta madre va tolta dal vaso e ripulita dal substrato nel quale è piantata; ciò a cui bisogna prestare la massima attenzione durante questa fase è la manipolazione dei rizomi, assai fragili e facili a rompersi. La divisione va effettuata partendo da un punto il più in basso possibile, quello in cui i vari rizomi sono ancora attaccati tra loro (in questo modo si aumentano le possibilità che restino agganciate alla parte divisa anche un po’ di radici). Se alcuni rizomi divisi dovessero essere privi di radici, non ci sarebbe alcun problema: se sufficientemente lunghi, la divisione andrà comunque a buon fine.

Una volta ottenute le varie parti, bisogna assolutamente evitarne la disidratazione. Vanno, quindi, piantate in un vaso contenente un mix di sfagno morto e perlite, e circondate da un bello strato di sfagno vivo (servirà a mantenere umido il terreno e ad evitare la formazione di funghi e muffe); infine, è necessario vaporizzare dell’acqua sulle nuove piantine almeno una volta al giorno.

L’operazione potrà considerarsi un successo se, nell’arco di qualche giorno, le foglie non avranno assunto un aspetto moscio e flaccido al tatto. Se dovessero presentarsi come appena descritto, le cause potrebbero essere una scarsità di umidità, o un rizoma troppo corto/esposto. Per ovviare al problema basterà provvedere a più nebulizzazioni e all’aggiunta di ulteriore sfagno vivo.

Avversità

Non presentando fitopatologie specifiche o eventuali attacchi parassitari differenti da altre tipologie di piante carnivore, si rimanda alla lettura della scheda “Avversità delle piante carnivore”.

Come cattura gli insetti

trappole heliamphora

Trappola della Heliamphora

L’Heliamphora si annovera tra le piante dotate di trappole ad ascidio. Sebbene le sue trappole abbiano una struttura più semplice rispetto a quella delle “colleghe” Sarracenia o Nepenthes, le pareti sono rigide e robuste, adatte a contrastare i forti venti che caratterizzano il suo habitat naturale. A differenza delle altre carnivore dotate di ascidi, inoltre, la trappola di questa pianta non è dotata di un opercolo apicale, bensì di una piccola protuberanza (dalla forma simile a quella di un cucchiaino) avente il compito di secernere la sostanza zuccherina per attirare le prede.

La porzione sottostante questa specie di piccolo cucchiaio risulta molto scivolosa, mentre la parete interna della foglia, in prossimità del peristoma (specie di anello posto sulla bordatura delle trappole ad ascidio, in questo caso sottile e poco visibile), è ricoperta da una specie di peletti rivolti verso il basso, in modo da rendere ancora più difficoltosa la risalita per le piccole prede catturate.

Scendendo verso il fondo dell’ascidio, le pareti tornano a essere lisce e senza alcun appiglio al quale insetti e formiche possano aggrapparsi; questi, stremati, si lasciano cadere e annegano nella “pozza” di acqua raccolta all’interno dell’anfora. A differenza delle altre carnivore, l’Heliamphora non è in grado di produrre gli enzimi necessari alla digestione e all’assorbimento delle sostanze nutritive: si affida, pertanto, all’azione degli enzimi contenuti nell’acqua piovana, i quali, una volta digerito il pasto, rilasciano amminoacidi e altre sostanze nell’acqua, poi assorbite dalla pianta.

Questo è uno dei motivi per i quali questa carnivora non è dotata di opercolo: a differenza delle altre, necessita che l’acqua entri nelle sue trappole per poter ingerire i nutrimenti necessari. In presenza di piogge torrenziali e, dunque, molto abbondanti, per evitare che l’acqua contenuta negli ascidi fuoriesca, portando con sé eventuali prede, vi è una piccola fessura lungo una specie di cucitura sulla parete della “brocca”: un metodo semplice, ma altamente ingegnoso per far fuoriuscire il liquido in eccesso.