Il termine “pianta carnivora” fu coniato da Francis Ernest Lloyd solo nel 1942; prima, e spesso ancora oggi, per indicare queste tipologie di piante erbacee, generalmente perenni, si utilizzava il termine “piante insettivore”. Siccome, tuttavia, non sono solo gli insetti ad essere catturati da questi esemplari, ma anche gli artropodi e altri piccoli animaletti, si è optato per l’aggettivo “carnivore”.
In natura, si contano circa 600 specie diverse di piante carnivore, raggruppate in 12 generi e 5 famiglie. Il primo a comporre un trattato su di loro fu Charles Darwin, nel 1875.
La speciale abilità delle piante carnivore nel catturare i loro “pasti” si è sviluppata come conseguenza all’habitat in cui crescono spontaneamente; sono spesso, infatti, originarie di ambienti palustri, torbiere o, addirittura, crescono su pareti rocciose. Questi suoli hanno in comune la caratteristica di essere acidi, privi di calcio e poveri di elementi nutritivi (soprattutto di azoto, fosforo e potassio), pertanto, per sopravvivere, le piante hanno dovuto trovare i nutrimenti in altri modi. Da qui anche il motivo per il quale, generalmente, le carnivore presentano un apparato radicale piuttosto ridotto e sottile rispetto al resto della pianta: non traendo i nutrimenti dal suolo, preferiscono dirottare il dispendio di energie nella produzione di foglie e trappole cattura cibo (tramite le quali ricevono le sostanze essenziali), anziché nello sviluppo dell’apparato radicale.
Sebbene ogni specie necessiti di particolari condizioni climatiche, di esposizione alla luce e di umidità, vi sono alcune caratteristiche comuni alla maggior parte delle piante carnivore. Innanzitutto l’acqua, che deve essere rigorosamente piovana, demineralizzata o aver subito un processo di osmosi inversa: se non rispettata, questa condizione potrebbe portare addirittura alla morte della pianta per “sovraccarico” di minerali assunti.
Generalmente, se coltivate all’esterno, le carnivore sono perfettamente in grado di procurarsi la giusta quantità di cibo del tutto autonomamente. In caso di evidente carenza di nutrimento, si può in alternativa dar da “mangiare” alla pianta qualche insetto vivo per integrarne la dieta (in caso di scarso approvvigionamento di prede, la pianta morirà difficilmente; ciò che subirà sarà un rallentamento della crescita).
Essendo per la maggior parte originarie di zone paludose e climi tropicali, o comunque naturalmente predisposte alla vita in habitat “ostili”, tutte necessitano di avere a disposizione un terreno assolutamente povero di sostanze nutritive e tendenzialmente acido (ogni specie, poi, necessiterà di un suo personalizzato mix di elementi per formare il substrato ideale nel quale coltivarla).